@Stefano66 Non era mia intenzione portare il dibattito SOLO su questa contrapposizione, ma è l’autore di quest’articolo che identifica attacco al senso critico e attacco all’umanesimo. Non è così.
Ai professori universitari delle discipline scientifiche di base (matematica, fisica, chimica) si chiede oggi di insegnare solo “quello che serve”. Subiscono, quindi, proprio la deriva che evidenzi tu. Per esemplificare: non serve insegnare la dimostrazione di un teorema, serve sapere come si usa. Procedere che spinge a rapportarsi agli studenti non come persone di cui elevare lo spirito critico ma come meccanismi che devono imparare a replicare un gesto. Lo evidenzio proprio per dire che è falso uno degli assunti di quest’articolo che l’attacco allo spirito critico coincida con l’attacco all’umanesimo. Purtroppo, devo dire, gli umanisti che conosco io questo non lo hanno affatto chiaro e continuano ad alzare lamentazioni che prendono di mira i corsi di laurea in ingegneria e scienze, come se da questi corsi sia scontato uscire senza spirito critico per difetto di umanesimo. Ennesimo atto della guerra tra poveri dei saperi.
Non dobbiamo però scordare che se si è arrivati a questo punto è perché sia la Scuola che l’Università hanno fatto a gara per decenni nel dimenticare ogni riflesso pratico della cultura che pretendevano di (e spesso non riuscivano a) trasmettere. Si è arrivati al “insegniamo solo quello che serve” perché troppo a lungo si è considerato irrilevante il problema dell’utilità di quello che si insegnava. Tra niente e tutto ci sono mille sfumature di mezzo, no? O dobbiamo ignorare tranquillamente il fatto che l’Università non è solo luogo di trasmissione del sapere ma anche luogo di costruzione di alcune specifiche professionalità?
Io credo che ci voglia onestà intellettuale. La crisi dei corsi di laurea umanistici è anche figlia della chiusura dell’accesso all’insegnamento che costituiva uno dei principali sbocchi pratici di quei corsi di laurea. In pochi hanno voglia di fare il cassiere del supermercato con la laurea in Lettere Antiche (e, per inciso, se si vuole essere assunti in un supermercato una laurea in Lettere costituisce un ostacolo, è meglio nasconderla). Detto questo io penso, sono profondamente convinto, del fatto che si possa crescere con spirito critico anche senza Storia. Oppure dovrei chiedere all’autore di quest’articolo: come si fa a formare un cittadino senza una cultura scientifica di base?
Per riassumere, perché rileggendo mi sembra di non essere stato chiaro, gli studi umanistici subiscono due pressioni distinte. Quella dovuta all’utilitarismo applicato alla formazione e quella dovuta alla decrescita della loro rilevanza culturale. Se si preoccupano solo della seconda, come sembra frare l’autore di quest’articolo, si arriva alla guerra tra le due culture che paventi (e in presenza della quale, la prima pressione farà strame di ogni resistenza); se si preoccupassero soprattutto della prima troverebbero facilmente larghe schiere di alleati proprio in quel mondo scientifico, tecnologico e anche economico che loro stessi identificano a torto con il nemico.